giovedì, 28 Marzo 2024

Flixbus non chiuderà, ministero trasporti cerca soluzione

Si riapre il caso Uber. Da ottobre, in base alle nuove norme inserite dal Parlamento nella manovra correttiva, la piattaforma web per viaggi low cost in pullman sarebbe stata praticamente obbligata a chiudere i battenti. Ma, ancora una volta, dopo il tira e molla del ddl concorrenza e del Milleproroghe, la parola fine potrebbe in realtà non essere stata scritta nemmeno nella manovrina. Di chiusura il governo non vuole infatti sentire parlare e sta valutando se serva o meno un intervento ulteriore (il quarto in cinque mesi) in grado di salvaguardare l’operatività della compagnia in Italia.

La garanzia è arrivata direttamente da Graziano Delrio, tirato in ballo dall’Autorità dei Trasporti. “La chiusura non ci sarà, ve lo posso assicurare. Attualmente già non c’è pericolo di chiusura”, ha assicurato il ministro delle Infrastrutture. Il ministero “sta ragionando” sulla possibilità di modificare le norme della manovrina (forse nel dl Sud in discussione al Senato) ma, ha specificato, “può anche darsi che non ce ne sia bisogno, perché le interpretazioni possono essere sufficienti”.

In realtà, secondo la stessa Flixbus, la norma della manovrina “parla chiaro” e senza un nuovo intervento legislativo “il rischio di uno stop diventa concreto”. Per questo la società invita la politica ad agire nella direzione indicata dall’Autorità dei Trasporti. La sollecitazione ad occuparsi del caso è arrivata infatti proprio dal Garante del settore, Andrea Camanzi, che parlando della rivoluzione in atto nei servizi dei trasporti ha invitato a “non avere paura del nuovo”.

“Il cambiamento non è una minaccia”, ha sottolineato nella sua relazione al Parlamento. “Tutto ciò che consente un’innovazione e apre spazi di libertà, avvantaggiando il consumatore anche sul lato dei prezzi, deve essere guardato con attenzione e devono essere rimossi gli ostacoli”. Ciò non toglie comunque che le piattaforme tecnologiche che offrono servizi per la mobilità, Uber inclusa, ha puntualizzato Camanzi, “debbano essere oggetto di una attenta, limitata e proporzionata regolamentazione” perché non si creino nuovi “monopoli digitali”.

 

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