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Ancora turismo senza professione?

di Michelangelo Trebastoni vice presidente nazionale di UnionTurismo

Se dal 2001 al 2015 gli arrivi degli stranieri in Italia sono aumentati del 48%, nel resto del mondo si è raggiunta quota più 75%, con un aumento di un miliardo e 187milioni di turisti e se nel mondo il prodotto interno di ogni Paese cresce in media del 4% all’anno, noi ancora discutiamo quale sia la migliore accoglienza e quale promozione mettere in campo per inserirci nella sfida globale, dopo anni d’indifferenza e di insufficiente presenza dell'Enit e del governo sugli scenari mondiali. Continuare a non investire in questo settore nevralgico per l’economia significa seppellire definitivamente nuove potenzialità di occupazione, con i tempi che corrono.

Invece di continuare a lavorare sui mercati esteri che ci hanno premiato con le loro presenze turistiche in Italia come quello della Germania (10,7 milioni), degli Stati Uniti (4,7 milioni), della Francia (4 milioni), ragioniamo su eventuali nuovi mercati, mentre trascuriamo piazze come quella Russa e del Nord Europa.

Invece di interrogarci sul perché il 70% dei flussi che si manifesta in Italia privilegia il Veneto, la Lombardia, la Toscana, il Lazio e il Trentino, leader del turismo di montagna, ci rifiutiamo di comprendere le motivazioni perché al Sud, nonostante vi sia il 30% delle bellezze monumentali e dei giacimenti archeologici di tutta la penisola, il turismo non registra il tutto esaurito e continua a non decollare come dovrebbe, non si creano posti di lavoro, nessun ente pubblico si fa più carico da anni di una decente promozione turistica, mentre le nostre potenzialità e professionalità nel settore del turismo sono quotidianamente mortificate da chi ci amministra, nel privato come nel pubblico. Da noi, ancora, qualcuno crede nelle professioni del turismo o, piuttosto, dobbiamo prendere atto di un turismo senza professione?

Se l’Italia, compreso il meridione, è considerata una meta appetibile, anzi prestigiosa, non si capisce allora perché ancora, nella nostra nazione, il centro divide esattamente in due il territorio nazionale, evidenziando un profondo gap per i servizi e per i trasporti. La colpa, lo sanno anche i bambini, certamente è anche delle amministrazioni locali e delle regioni, che non hanno mai manutenuto le strade e curato la viabilità, avviato servizi a supporto di chi si spende ed investe nel comparto, mentre il trasporto ferroviario, da noi, è fermo all’epoca borbonica.

Sulla riviera romagnola è stata rilanciata l’iniziativa di Trenitalia e degli albergatori locali che propone viaggio e trasferimento in hotel gratuito a chi sceglierà il treno per concedersi una vacanza di almeno una settimana a Riccione, Rimini e Cattolica. Perché in Sicilia no?

Di contro, da noi, il trasporto ferroviario che collega Catania con Siracusa, da giugno a settembre, sarà interrotto per la manutenzione della linea e delle rotaie, per cui, i numerosi turisti che atterreranno a Fontanarossa dovranno far coincidere le loro necessità con gli orari dei bus o arrangiarsi. E’ questa l’Europa cui aneliamo, di cui facciamo parte? Ha ragione Vittorio Sgarbi quando asserisce che noi siciliani siamo un po' troppo indolenti, per cui, lasciando tutto così com'è, non si rischia di dover cambiare abitudini. Facciamocene una ragione.